Classici da (ri)leggere | Le confessioni di un mangiatore d’oppio di Thomas de Quincey

oppio
La scoperta dell’oppio come scorciatoia per giungere alle vette della creatività letteraria. Autobiografia sincera e sconcertante di un autore che, con la sua predilezione per gli aspetti fantastici e grotteschi della realtà quotidiana, anticipò il gusto del decadentismo e fu intensamente ammirato da Baudelaire.

Incipit

Spesso m’è stato chiesto come, e attraverso quale serie di passi, divenni consumatore d’oppio. Fu gradualmente, per tentativi, con diffidenza, così come una persona, giù giù per una spiaggia declinante, scende fino al mare profondo, conoscendo fin da principio i pericoli del sentiero, e tuttavia con l’aria di sfidarli, corteggiandoli quasi? O, seconda ipotesi, fu per pura ignoranza di tali pericoli e indotto in errore da frode venale, in quanto spesso l’efficacia di certe pastiglie che alleviano le affezioni polmonari è dovuta all’oppio che contengono, all’oppio e all’oppio soltanto, benché pubblicamente rinneghino un’alleanza tanto sospetta e, sotto camuffamenti così traditori, esse inducono moltissimi a contrarre un imprevisto legame di dipendenza dalla droga, senza averla mai conosciuta né di nome, né di vista; per cui, non di rado, accade che la catena dell’abbietta schiavitù viene scoperta solo quando già s’è inestricabilmente avvolta intorno all’organismo?

Oppure, terza e ultima ipotesi (“Sì”, rispondo io con appassionata anticipazione, prima ancora che la domanda sia formulata), oppure fu per un improvviso, indomabile impulso provocato dalle torture della sofferenza fisica? Ad alta voce ripeto: “Sì”; ad alta voce e indignato, come in risposta a una calunnia intenzionale. Semplicemente come a un anestetico, costrettovi dalla sofferenza più atroce, ricorsi la prima volta all’oppio; e proprio quel mio tormento, o qualche varietà di esso, conduce molte persone a far conoscenza con quel medesimo insidioso rimedio.


“Per decidere se comprare un libro, aprilo a pagina 69″ (McLuhan)

E la disciplina, allora, com’era mantenuta? Era mantenuta attraverso la buona condotta dei ragazzi più anziani e attraverso l’efficacia del loro esempio, combinata col sistama disciplinare. Nobili sono gl’impulsi della virilità che sboccia, se non sono del tutto ignobili; e alludo a quel periodo in cui comincia a fiorire il senso della poesia e nel quale i ragazzi cominciano a sentire il paradiso che nasconde il sorriso femminile.

Se la scuola fosse stata soltanto un istituto di esterni, troppo probabilmente le comuni tendenze rissose di ragazzi abbandonati a se stessi avrebbero prevalso; ma accadeva che la sezione più anziana di essa – quella sull’orlo della virilità, incalcolabilmente più colta, e che leggeva, meditava e cominciava a essere presa dall’amore della letteratura – era composta di dozzinanti della casa del signor Lawson; e tali studenti esercitavano sulla scuola un’azione predominante. Essi erano uniti l’un l’altro da vincoli di fraternità, mentre gli altri eran come isolati; inoltre, non vi era neanche il più piccolo cortile per la ricreazione; nella scuola, voglio dire, superiore o di grammatica.

Ma vi era anche, e fondata sul medesimo liberale sussidio, una scuola inferiore, in cui l’intero macchinario dell’insegnamento si applicava alla più umile educazione meccanica del leggere e scrivere. La sala in cui si compieva tal servile funzione stava sotto la scuola superiore, ed era quindi, presumibilmente, un duplicato sotterraneo della sala superiore. Poiché questa sorgeva solo due o tre piedi sopra il livello delle vie circostanti, naturalmente la scuola inferiore doveva trovarsi a un livello assai più basso di tali vie; nel qual caso, doveva essere una cripta buia, quali se ne vedono sotto le cattedrali; e il fondatore, che aveva posto una parte dell’edificio sotto la maledizione originaria d’una tale oscurità, dove aver avuto proprio poco discernimento.

 

[Le confessioni di un mangiatore d’oppio, Thomas de Quincey, Biblioteca Universale Rizzoli]