Classici da (ri)leggere | Padri e figli di Ivan S. Turgenev

padri e figli-sitoQuando nella casa di campagna di Nikolaj Kirsanov arriva il figlio Arkadij con l’amico Evgenij Bazarov, si delinea subito il conflitto tra vecchie e nuove generazioni. Evgenij è un giovane medico, fiducioso solo nelle scienze sperimentali, un nichilista, lo definisce l’autore, con un termine che avrebbe poi avuto grande fortuna. Le sue idee turbano Kirsanov e irritano suo fratello, lo scettico Pavel.

Incipit

“Ebbene, Pjotr? non si vede ancora?” domandava, il 20 maggio 1859, uscendo senza cappello sul basso terrazzino di una locanda sullo stradone di ***, un signore di poco più di quarant’anni, in pastrano impolverato e calzoni a quadri, al proprio servo, un ragazzone giovane e dalle guance grosse, con una peluria bianchiccia sul mento e piccoli occhietti appannati.

Il servo, in cui tutto: e la buccola di turchese all’orecchio, e gli impomatati capelli di vario colore, e i composti movimenti del corpo, tutto denotava l’uomo della novissima, perfezionata generazione, guardò condiscendente lungo la strada e rispose:

“Proprio no, non si vede”.

“Non si vede?” ripeté il signore.

“Non si vede” rispose per la seconda volta il servo.

Il signore sospirò e sedette su un panchetto. Lo faremo conoscere al lettore, mentre sta seduto, con le gambe ripiegate sotto di sé e guardando pensoso in giro.

Si chiama Nikolaj Pietrovic Kirsanov. A quindici verste dalla piccola locanda possiede una bella proprietà di duecento anime, o, com’egli si esprime, da quando fece la delimitazione coi contadini e mise su una fattoria, di duemila desjatine di terra.


“Per decidere se comprare un libro, aprilo a pagina 69″ (Mc Luhan)

E poi le prime timide visite, le mezze parole, i mezzi sorrisi, e perplessità, e affanno, e impeti, e infine quella gioia soffocante… Dove si era precipitato tutto ciò? Lei era divenuta sua moglie, lui era stato felice come pochi sulla terra… Ma, pensava, quei dolci, primi istanti, perché non avrebbero potuto viverli d’una vita eterna, imperitura?

Egli non si sforzava di chiarire a se stesso il proprio pensiero, ma sentiva che aveva voglia di trattenere quel tempo beato con qualcosa di più forte della memoria; aveva voglia di sentir di nuovo palpabilmente la vicinanza della sua Maria, di sentirne il tepore e il respiro, e già gli sembrava che sopra di lui…

“Nikolaj Petrovic” risonò vicino a lui la voce di Fenecka “dove siete?”.

Egli sussultò. Non risentì né pena né imbarazzo… Non ammetteva neppure la possibilità d’un confronto tra la moglie e Fenecka, ma gli rincrebbe che ella avesse avuto il pensiero di cercarlo. La voce di lei gli rammentò di colpo i suoi capelli bianchi, la sua vecchiezza, il suo presente…

Il magico mondo nel quale già stava entrando, che già sorgeva dalle nebbiose onde del passato, si mosse, e scomparve.

“Sono qui” rispose “va’ pure”. “Eccole, le tracce signoresche”, gli balenò in testa. Fenecka in silenzio gettò un’occhiata verso di lui nel capanno e sparì; ed egli osservò con stupore che la notte aveva fatto in tempo a sopraggiungere dacché s’era messo a fantasticare. Tutto s’era oscurato e acquietato all’intorno, e il viso di Fenecka gli era scivolato davanti così pallido e piccolo. Si sollevò e voleva rientrare in casa; ma il cuore intenerito non poteva calmarsi nel suo petto, e prese a camminare lentamente per il giardino, ora guardandosi pensoso ai piedi, ora alzando gli occhi al cielo, dove già sciamavano e ammiccavano tra loro le stelle.

[Padri e figli, Ivan S. Turgenev, Biblioteca Universale Rizzoli]