Agosto 1938. Un momento tragico della storia d’Europa, sullo sfondo del salazarismo portoghese, del fascismo italiano e della guerra civile spagnola, nel racconto di Pereira, un testimone preciso che rievoca il mese cruciale della sua vita. Chi raccoglie la testimonianza di Pereira, redatta con la logica stringente dei capitoli del romanzo, impeccabilmente aperti e chiusi dalla formula da verbale che ne costituisce il titolo: Sostiene Pereira? Questo non è detto, ma Pereira, un vecchio giornalista responsabile della pagina culturale del “Lisboa” (mediocre giornale del pomeriggio) affascina il lettore per le sue contraddizioni e per il suo modo di “non” essere un eroe.
Incipit
Sostiene Pereira di averlo conosciuto in un giorno d’estate. Una magnifica giornata d’estate, soleggiata e ventilata, e Lisbona sfavillava. Pare che Pereira stesse in redazione, non sapeva che fare, il direttore era in ferie, lui si trovava nell’imbarazzo di mettere su la pagina culturale, perché il “Lisboa” aveva ormai una pagina culturale, e l’avevano affidata a lui. E lui, Pereira, rifletteva sulla morte. Quel bel giorno d’estate, con la brezza atlantica che accarezzava le cime degli alberi e il sole che splendeva, e con una città che scintillava, letteralmente scintillava sotto la sua finestra, e un azzurro, un azzurro mai visto, sostiene Pereira, di un nitore che quasi feriva gli occhi, lui si mise a pensare alla morte. Perché? Questo a Pereira è impossibile dirlo. Sarà perché suo padre, quando lui era piccolo, aveva un’agenzia di pompe funebri che si chiamava Pereira La Dolorosa, sarà perché sua moglie era morta di tisi qualche anno prima, sarà perché lui era grasso, soffriva di cuore e aveva la pressione alta e il medico gli aveva detto che se andava avanti così non gli restava più tanto tempo, ma il fatto è che Pereira si mise a pensare alla morte, sostiene. E per caso, per puro caso, si mise a sfogliare una rivista.
“Per decidere se comprare un libro, aprilo a pagina 69″ (McLuhan)
L’indomani Pereira si svegliò alle sei. Sostiene che prese un caffè semplice, insistendo per averlo perché il servizio in camera cominciava solo alle sette, e fece una passeggiata nel parco. Anche le terme aprivano alle sette, e alle sette in punto Pereira era davanti ai cancelli. Silvia non c’era, il direttore non c’era, non c’era praticamente nessuno e Pereira si sentì sollevato, sostiene. Per prima cosa bevve due bicchieri d’acqua che sapeva di uova marce e provò una vaga nausea e un rimescolamento nell’intestino. Avrebbe desiderato una bella limonata fresca, perché nonostante l’ora mattutina faceva un certo caldo, ma pensò che non poteva mischiare acqua termale e limonata. Allora si recò alle installazioni termali dove lo fecero spogliare e indossare un accappatoio bianco. Vuole bagni di fango e inalazioni?, gli chiese l’impiegata. Tutte e due, rispose Pereira. Lo fecero accomodare in una stanza dove c’era una vasca da bagno di marmo piena di un liquido marrone. Pereira si tolse l’accappatoio e vi si immerse. Il fango era tiepido e dava una sensazione di benessere. A un certo punto entrò un inserviente e gli chiese dove doveva massaggiarlo. Pereira rispose che non voleva massaggi, voleva solo il bagno, e desiderava essere lasciato in pace.