Com’è fatta la libreria ideale? Cosa vogliono i clienti da un libraio? Cosa spinge un lettore a trattenersi in libreria a lungo?
Nel 2014, fra settembre e dicembre, il Dipartimento di Economia dell’Università Roma Tre in collaborazione con la Scuola per Librai Umberto ed Elisabetta Mauri e sotto la guida di Michela Addis, ha realizzato un’indagine su cosa vogliono i lettori dalle librerie (e cosa non vogliono) il cui resoconto è stato pubblicato sul quotidiano Avvenire. (leggi qui).
Alla base di questa ricerca ci sono undici librerie indipendenti e di catena – con i loro clienti – di Roma e del Lazio: Altroquando, Fandango Incontro, Feltrinelli con i due punti di vendita Largo Argentina e Via Appia, IBS, L’Internazionale il Mare, la libreria Nuova Europa nel centro commerciale I Granai, la libreria Mondadori di Via Piave, Odradek, San Paolo e la libreria Ubik a Monterotondo.
Appare innanzitutto chiaro dai dati e dalle interviste raccolte che chi si avventura tra scaffali e libri di un bookshop, che esso sia di catena o indipendente, ricerca soprattutto una connessione con la libreria. Ma con quali caratteristiche?
Va innanzitutto sottolineato come essa sia un elemento comune a molte tipologie di clienti, e che debba essere declinata diversamente in funzione delle differenze fra librerie: è necessaria infatti una dicotomia tra ciò che il consumatore cerca, e trova, nella libreria di catena e ciò che richiede a una libreria indipendente.
Il cliente della libreria di catena ricerca una connessione basata su “stimoli ambientali”: la libreria deve essere un ambiente piacevole, non solo volto all’acquisto di un bene di consumo ma anche un luogo dove trascorrere parte del proprio tempo. È necessario che la libreria sia chiara e fruibile ma allo stesso tempo ricca di stimoli, che il consumatore vuole recepire e approfondire in autonomia. Uno degli elementi più apprezzati della libreria di catena è infatti la possibilità di muoversi, sfogliare i testi, scegliere cosa comprare anonimamente senza dover interagire con gli altri e senza l’ausilio del libraio/commesso. Uno dei fattori che più attira il cliente è il “contatto materiale con il libro” (dal 62% di media si arriva a un massimo del 93%) che rende ancora attrattivo l’andare in una libreria ad acquistare un bene di consumo che altrimenti si potrebbe tranquillamente comprare con un click da casa. Ma la libreria di catena porta con sé anche alcune problematicità. Il rischio maggiore è che la ricchezza di stimoli, pur se annoverata tra gli elementi positivi, si trasformi in un eccesso di input, creando confusione. Spesso infatti la libreria di catena risente della copiosa offerta e diviene labirintica, disorientante, soprattutto perché priva di una guida: se il fattore dell’autonomia e dell’anonimato può rappresentare un elemento positivo è allo stesso tempo una nota dolente quando l’atmosfera della libreria diventa caotica e poco comprensibile (soprattutto a livello di spazi e di collocazione dei testi).
La libreria indipendente, secondo la voce dei clienti, ha caratteristiche ben distinte da quella di catena. L’autonomia lascia spazio al rapporto interpersonale con la figura del libraio, le cui qualità ricercate non solo l’essere un ospite eccellente – che accoglie cioè il consumatore in un ambiente caldo, accogliente, familiare – ma anche una guida autorevole nel consiglio dei testi. Il libraio eccellente deve essere efficiente, un grande esperto della letteratura e della natura umana: a lui infatti sono richieste spiccate doti relazionali ed empatiche.
Ma anche la piccola libreria non è immune ad alcuni problemi: l’eccessiva selezione dei testi – spesso di genere o di piccole case editrici – allontana l’offerta dalla domanda e può creare un disallineamento con gli interessi di mercato.

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